Continua il Volontariato Sanitario in Africa, Malawi, con la “V” maiuscola. Un Volontariato Sicuro, specifico, preparato, generoso, cauto e profondo, che accompagna in un percorso di formazione sulla neonatologia lo staff sanitario locale del Comfort Community Hospital con la cooperazione tra “Orizzonte Malawi Onlus” e l’Associazione “Zero +”. Quale migliore testimonianza delle parole dirette di Giuseppina e Stefania, neonatologhe volontarie presso la nostra struttura sanitaria a Balaka.
“Questa è la prima storia che ci è venuta sulla penna ed è vera dalla prima all’ultima riga, ma sarebbe stata vera anche se avessi scritto delle condizioni di vita di una popolazione che non ha energia elettrica nè acqua, o di villaggi in cui le donne coltivano una terra arida con una zappetta e ai bambini mancano a volte i diritti fondamentali, come quello al riposo o banalmente ad un nome (abbiamo scoperto solo l’ultimo giorno che Mwana non è un nome proprio ma vuol dire bambina) o di una cooperazione internazionale che non sembra coordinata, insomma è stata un’esperienza dalle mille sfaccettature che mi rendono ancora difficile raccontarla a voce figuriamoci scriverla. tutto questo non cambia il fatto che è stata una delle esperienze più imporatnti della mia vita”
di Giuseppina Spanedda
“Gusto stava male da alcuni giorni e nelle ultime 24 ore aveva smesso di alimentarsi, aveva la febbre molto alta e non rispondeva agli stimoli, neanche a quelli dolorosi. Kaitano, Cief Clinical Officer del Comfort Community Hospital si alternava con l’infermiera al letto del piccolo per la terapia, la rilevazione dei parametri vitali, la valutazione dello stato di coscienza.
Stefania e io eravamo sconvolte, per due giorni Gusto è stato il nostro ultimo pensiero la notte e il primo al mattino, mentre in ospedale erano tutti abbastanza sereni che il piccolo si sarebbe ripreso, nonostante l’impossibilità di eseguire esami ematici per valutare ad esempio la necessità o meno di una trasfusione.
Dopo 48 di alimentazione con sondino naso gastrico e un’attenta osservanza da parte del personale infermieristico e medico delle linee guida locali, Gusto finalmente si riprende e dopo altre 72 ore viene dimesso e per la prima volta da quando lo avevamo conosciuto ci fa un sorriso meraviglioso.
Sorrisi che invece non ci sono mai stati risparmiati da tutti i bimbi che hanno fatto non solo da cornice ma da soggetto principale di questa nostra prima esperienza Malawiana. Bambini incontrati per caso in asili, scuole, orfanotrofi, scavi di pozzi, per strada, e bambini che abitavano vicino alla casa del volontario con i quali si è instaurato un rapporto speciale fatto di conversazioni in una lingua ibrida chichewa-italo-inglese, di disegni nel giardino della casa del volontario, di pomeriggi al campo a giocare, di fotografie (quanto gli piacciono i selfies!!!) e di tante risate: Miranda, Cristina, Lucya, Elisa, Nadia, Bruna, Andreino, Mwana …..Nei primi giorni in ospedale non ci sono stati molti parti ma alcuni neonati nati di peso inferiore ai 2500gr erano in predimissione e le loro mamme erano ricoverate tutte insieme in una stanza, la stanza della KMC (la Kangaroo mother care è una modalità di cura dei neonati pretermine tenuti a contatto pelle a pelle con la madre. È un metodo che favorisce la salute e il benessere dei bambini nati pretermine, una stabilizzazione dei parametri vitali e un migliore sviluppo). Noi siamo abituate alla KMC nei neonati pretermine ma la naturalezza con cui mamme, nonne e babbi facevano qualunque attività con il neonato adagiato al petto è stata commovente.
Anche in questo caso abbiamo apprezzato l’entusiasmo e la professionalità delle ostetriche che gestiscono il reparto maternità, occupandosi non solo dell’assistenza al parto ma anche dei corsi di preparazione, e dell’istruzione delle mamme dopo la nascita per imparare a valutare il benessere loro e quello dei loro figli secondo linee guida scritte in inglese, chichewa e corredate da disegni esplicativi e da spiegazioni teatrali: impossibile non capire!!!
Mary è stata la nostra guida nell’assistenza materno-infantile in Malawi, ha fatto in modo che fossimo a nostro agio e ci ha a volte anche fatto sentire inadeguate, come quando mentre noi eravamo contentissime di aver preparato il lettino da rianimazione, il concentratore di ossigeno e l’aspiratore pronti per l’uso, cioè con i presidi pronti e le prese inserite ci ha fatto notare che non potevamo provarli perché non c’era la luce e questo succede per varie ore ogni giorno.
Stefania e io siamo abituate ad assistere ai parti perché veniamo chiamate in sala parto o in sala operatoria per tutti i cesarei, per i parti a rischio, i parti pretermine e tutte le volte che un neonato ha bisogno di assistenza, ma a quello che abbiamo visto a Balaka non lo avevamo mai visto: la mamma dopo aver partorito senza un lamento, è rimasta sul lettino con il suo bambino per due ore, nelle quali l’ostetrica valutava mamma e neonato misurando la temperatura ad entrambi, la pressione arteriosa alla mamma, la capacità del bambino di attaccarsi al seno e dopo due ore la signora ha preso la sua bacinella i suoi teli colorati, il piccolo ed è andata in camera sua: senza zoppicare, senza sedia a rotelle e senza sembrare moribonda: il miracolo della vita!!
Non tutto va sempre per il verso giusto e nel nostro piccolo ospedale, attualmente adeguato solo per l’assistenza alle gravidanze e ai parti fisiologici, non è stato possibile assistere la signora Mouazuka, arrivata già in travaglio, ma con complicazioni che richiedevano il cesareo, quindi è stato necessario trasferirla presso l’ospedale pubblico, distante pochi km.
Quando si dice viaggio da incubo: pochi km di strada sterrata e buche, io tenevo la signora perché non volasse fuori dall’ambulanza, e soprattutto non partorisse tra un sobbalzo e l’altro, Stefania teneva me perché io non facessi la stessa fine, e tutte respiravamo a fatica a causa della terra rossa che entrava da tutti i pertugi.
La signora Mouazuka è stata sottoposta a cesareo e mamma e bambino stavano bene, così ci ha detto l’infermiere del reparto il giorno dopo, ma noi in un reparto maternità immenso e con un numero impressionante di donne non siamo riuscite a trovarli.
Tornate nella tranquillità del nostro piccolo repartino abbiamo ripreso la quotidianità fatta di parti, visite ai neonati, istruzione delle mamme, studio delle linee guida (Stefania ha fotografato quasi tutto) e confronto con le ostetriche fino a quando un piccolo in buone condizioni generali nato da poche ore da una mamma senza fattori di rischio, ha presentato febbre e ha iniziato una terapia antibiotica per l’impossibilità di eseguire gli esami. Comportamento assolutamente condivisibile ma forse se fosse stato possibile praticare gli esami si sarebbe potuta evitare la terapia o si sarebbe fatta con cognizione di causa. Ma queste scelte sono necessarie, meglio rischiare di fare una terapia inutile che procrastinare una terapia necessaria.
Una volta uscite dall’ospedale la vita continua con Gabriele, Elena, Alessandro, Agostino, la dolcezza di Roduà e il sottofondo musicale di Kantema.”Stefania e Giusy