Venerdì 02 Settembre 2016.Alle 18 finito il lavoro ad Andiamo si torna a casa.
E’ il crepuscolo e a Balaka è già quasi notte. La strada non è illuminata né asfaltata.A due passi da casa, sul ciglio della strada, nella penombra del crepuscolo si vede un ammasso strano e man mano che ci si avvicina si capisce che è una persona. Le domande sono tante, chi è, cosa è successo. Ci fermiamo a controllare.E’ una ragazza di dodici, quattordici anni, distesa sul ciglio. Sembra svenuta. Ha la bava alla bocca per una convulsione. Ha fame, sta male, rifiuta aiuto e cibo.Meglio intervenire velocemente.
La carichiamo sulla jeep per portarla subito al Comfort Community Hospital, L’ospedale di Andiamo.Una corsa sulla strada sterrata che collega la città alla missione arriviamo all’ospedale dove in pochi minuti il personale presente accoglie la ragazza e con una carrozzella la portiamo a fare le visite. Intanto sembra essersi ripresa dalla fase acuta di malessere che presentava poco prima. Forse é consapevole di essere in buone mani, di certo mani amorevoli.
Inizia a rispondere alle prime domande e scopriamo che si chiama Rose e che da tre giorni è in viaggio per cercare qualcuno che potesse aiutarla per pagare la scuola.Decidiamo di approfondire più tardi e nel frattempo lasciamo Rose alle cure del personale infermieristico mentre ci rechiamo alla casa del volontario per chiedere alle donne addette alla cucina di preparare un piatto ricco per Rose.
Nella via di ritorno passiamo davanti all’entrata di Tigawane, la casa dei bambini, progetto promosso dalla Cooperativa Andiamo per dare una nuova possibilità ai bambini in difficoltà lasciati in balia di se stessi per le strade della cittadina di Balaka.
Sembra un segnale.Nel frattempo il medico che ha visitato Rose ci comunica che ha rifiutato la flebo e che ha comportamenti strani. Torniamo con il pasto e lasciamo che mangi quanto vuole. Decidiamo di lasciarla riposare per la notte e di parlare con lei il giorno seguente.
La mattina del 3 settembre Rose sembra più riposata e tranquilla. Parliamo con lei e con il personale dell’ospedale e decidiamo di chiedere ai servizi sociali di Balaka una carta per poterla riportare dalla sua famiglia a Zomba che si trova a circa 80 km da Balaka.
Concordato il certificato anche con l’aiuto della polizia locale partiamo per Mpunga, villaggio nei pressi della città di Zomba la domenica mattina. Il villaggio è ai piedi del Plateau, una meraviglia per la sua bellezza naturale.
Superiamo il mercato locale, prendiamo a sinistra e con difficoltà raggiungiamo tra capanne e recinti di paglia, la casa di Rose.La mamma di Rose appena la vede, sorride e allarga le braccia mentre lei le corre incontro per abbracciarla.
Sembrerebbe una storia a lieto fine ma subito ci accorgiamo delle difficoltà della mamma a sostenere la figlia. Rose non ha i soldi per la scuola e ha problemi al braccio e alla gamba sinistre e andrebbe sottoposta a terapie di fisioterapia. Mensilmente ha delle crisi che fanno pensare all’epilessia. Deve mangiare e a casa sembra che non ci sia cibo.Le diamo un piccolo aiuto e promettiamo di tornare a trovarla.
Il padre non c’è e neanche gli altri quattro figli, uno dei quali scopriamo sia a scuola supportato da una borsa di studio.
La settimana seguente dobbiamo recarci a Zomba per il rinnovo patente e ritroviamo Rose. Non è a casa dove speravamo di visitarla ma lontana ad una dozzina di chilometri di distanza, quasi in cima al Plateau di Zomba.La scorgiamo per caso, seduta ai bordi di un tornante avvolta nel suo chitenje verde.Quando ci vede sorride e poi subito diventa seria e impacciata, non vorrebbe raccontare perché sia lontana da casa. Ci spiega che la mamma è ammalata e l’ha mandata a cercare la legna da vendere per comprare il cibo.
E’ una tenera bugia per coprire il suo disagio a raccontare la verità. Lei vorrebbe studiare ma non ne ha la possibilità. Probabilmente avrà avuto degli screzi con la mamma, oppure la mamma le ha detto di andarsene. Il fatto è che Rose è di nuovo per strada.E’ il secondo segnale, prima il passaggio, del resto giornaliero, davanti alla casa di accoglienza dei bimbi di strada, adesso in modo del tutto fortuito la ritroviamo per strada.
Un rapido scambio di messaggi e telefonata a Balaka ed in Italia per concordare l’intervento e decidiamo di chiedere un posto alla scuola Bakhita Primary School di Balaka gestita dalle suore Canossiane. Ci viene accordato.Tigawane per ora ha solo ragazzi e inserire una ragazza non è facile e quindi chiediamo alla famiglia Munthali, responsabile della casa dei bambini di strada, di accoglierla per la notte e pensare alla sua cura, al vestiario, al cibo, ai compiti, alla ricreazione.A Petros Munthali brillano gli occhi, sorride e esprime allo stesso tempo di aver compreso al volo la situazione, il suo impegno è immenso, ed è fatto così, la vuole vedere, vuole capire cosa possiamo fare per lei, se possiamo aggiungerla agli altri bambini e ragazzi che ormai frequentano la casa di Tigawane e che piano piano dalla strada hanno ripreso la via della scuola.Venerdì Rose viene a Balaka con la mamma per il colloquio con la scuola. La mamma è felice che abbia trovato un posto per studiare e una casa dove sarà accudita.
Rose è entusiasta.Il lunedì seguente, al mattino presto, Rose inizia la scuola, vuole le penne e i quaderni e pensa già al computer, ha il suo sogno di diventare manager di banca.Una bambina che sogna un avvenire fuori dalla miseria, dalle difficoltà, un mestiere che le dia futuro proprio come qualsiasi altra bambina.
Non sappiamo se Rose realizzerà i suoi sogni, lo speriamo, oggi le possiamo dare una possibilità.La nottata è passata adesso può iniziare un nuovo giorno, pieno di sole e speranza.Oggi Tigawane ha aperto a Rose le porte e l’inizio di una nuova esperienza per noi.
Daniele e Alessandro